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NU2tubeon ci può certo dire che gli U2 abbiano paura delle novità. Questa volta Bono e compagni si cimentano col Global Live Webcast in partnership con YouTube. Già, perché sarà proprio il tubo a trasmettere in diretta il concerto che la band irlandese terrà domenica 25 ottobre al Rose Bowl di Pasadena, California.

U2 Live From The Rose Bowl, questo il titolo dell’evento, sarà in streaming gratuito sul canale ufficiale del gruppo su YouTube a partire dalle 20.30, orario di Los Angeles. Ciò significa che in Italia bisognerà sintonizzarsi alle 4.30 del mattino ma niente paura: per chi non volesse perdere preziose ore di sonno, lo show uscirà prossimamente anche in formato DVD.

Nelle orecchie
Chuck Ragan – Gold Country

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U2Secondo quanto riportato da NME, gli U2 potrebbero avere un’edizione del videogame Rock Band a loro dedicata proprio come è recentemente accaduto per i Beatles. L’idea è stata sottoposta a Bono e compagni già l’anno passato dai produttori del gioco, MTV Games e Electronic Arts, ma l’accordo non fu trovato a causa di “compromessi” – volendo utilizzare le parole usate in un’intervista con USA Today dal bassista Adam Clayton – che il gruppo non era pronto ad accettare.

Dopo aver visto i risultati raggiunti da The Beatles: Rock Band, però, le cose potrebbero cambiare.

“Ci avrebbe fatto davvero piacere avere il nostro gioco”, ha detto Clayton. “Ma non eravammo pronti per determinati compromessi né a diventare delle caricature di noi stessi. Ora però le cose potrebbero cambiare. Adoro questo nuovo modo di proporre la musica… Penso che ci inventeremo qualcosa perché dopo aver visto come sono stati rappresentati i Beatles in Rock Band ci è tornato l’entusiasmo per buttarci in un progetto del genere”.

Nelle orecchie
Pearl Jam – Backspacer

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It Might Get Loud - bigliettiNew York, 42nd Street e 8th Avenue, ore 20.25. Buio in sala. Jack White costruisce una slide guitar con 2 pezzi di legno, un pick-up, una corda e dei chiodi in pochi secondi per poi suonarla come un indemoniato, come solo lui sa fare. E’ l’inizio di It Might Get Loud, il documentario girato da Davis Guggenheim (Una Scomoda Verità di Al Gore e tanta televisione di qualità) che ha come pratogonisti Jimmy Page dei Led Zeppelin (e degli Yardbirds), The Edge degli U2 e, appunto, Jack White di White Stripes, Raconteurs e Dead Weather.

Come è semplice immaginare, il film verte sull’amore viscerale di un chitarrista per il proprio strumento: un sentimento vivissimo e speciale, più volte visibile negli occhi delle 3 leggende del rock, che soltanto un musicista può capire fino in fondo.  Dallo schermo esce in effetti con potenza un senso di comunione tra chi fa musica che non pensavo potesse esistere perché lega indissolubilmente il dio del rock al dilettante che si sbatte ore e ore in sala prove. Mi è bastato vedere il modo in cui Page spiega ciò che sta suonando ai suoi colleghi od osservarlo fare air-guitar senza imbarazzo durante l’ascolto di uno dei suoi pezzi preferiti per capirlo: sono gli stessi atteggiamenti, la stessa attitudine, di chiunque ami suonare.

Ma c’è di più, molto di più: It Might Get Loud è una pellicola per tutti quelli che amano musica nel senso più ampio del termine. L’improbabile incontro tra 3 diversi modi di approcciare il rock funziona invece perfettamente. E il motivo è semplice: dietro quell’approccio c’è una persona con la sua storia, le sue caratteristiche e i suoi difetti. Lo spettatore viene incuriosito da come ognuno dei protagonisti ha scoperto il mondo delle note e dal proprio rapporto con essa, venendo trascinato nelle loro vite, nei loro pensieri, nelle loro scelte. E nel fare tutto questo, il regista riesce a dare consistenza e continuità al suo film condendolo di immagini davvero speciali senza mai mettere in ombra nessuno.

Per un verso o per un altro, Jimmy Page, The Edge e Jack White hanno reinventato il linguaggio del rock con coraggio. Pensate all’impatto del sound selvaggio degli Zeppelin sulla società di fine anni ’60, alla miscela di effetti perfettamente soppesata che ha sempre reso gli U2 riconoscibili nel corso di 30 anni o al lavoro di filologia sul blues degli anni ’30 che i White Stripes hanno tirato fuori mentre tutto il mondo pensava a tirare fuori col computer. Dal lavoro di Guggenheim tutto questo trasuda con chiarezza ed esaustività.

Attualmente It Might Get Loud è in programmazione soltanto a New York e Los Angeles e presto aprirà in altre città degli Stati Uniti mentre non si sa ancora nulla su un’eventuale uscita europea. Perderlo però sarebbe un vero peccato, dunque tenete d’occhio il sito ufficiale e il profilo facebook del film per le ultime notizie.

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Negli occhi
The Edge e Jack White come estasiati bambini davanti al primo albero di natale della loro vita quando Jimmy Page imbraccia la chitarra e suona per loro il riff di Whole Lotta Love

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Jack White Mick Jagger Keith RichardsNon era sufficiente. Aver messo su 3 ottime band (The White Stripes, The Raconteurs e The Dead Weather), aver scritto un pezzo con Alicia Keys ed essere, insieme con Jimmy Page dei Led Zeppelin e the Edge degli U2, uno dei protagonisti del nuovo documentario sugli eroi della chitarra intitolato It Might Get Loud, non gli bastava. Jack White aveva l’agenda troppo poco piena di impegni che ha trovato il tempo di registare un paio di brani con Keith Richards, leggendario axe-man dei Rolling Stones.

Stando a quanto riportato da rollingstone.com, Richards avrebbe passato del tempo in studio con Jack. “Lavorare con lui mi diverte” ha detto Keef e alla domanda sul possibile produttore del nuovo degli Stones ha risposto di non potere “alimentare quel rumor se non dicendo che io e Jack siamo in contatto”.

Ricordiamo che White e le Pietre Rotolanti si sono conosciuti nel 2008 quando il primo fu ospite del concerto-documentario Shine a Light, diretto da Martin Scorsese per Jagger & Co.

Richards ha infine dichiarato a Rolling Stone che presto la band pubblicherà nuovamente il classico del 1972 Exile on Main St. con bonus track, e che sta lavorando alla sua autobiografia con lo scrittorie James Fox. “Sto cercando di ricordare le cose, che è particolarmente difficile”.  Un grande.

Nelle orecchie
Arctic Monkeys – “Humbug”